Attualità

Ode a James Douglas Morrison

jim_phil69

Poeta malgrado il rock.

Sono passati 45 anni dalla morte a Parigi di James Douglas Morrison cantante e poeta.

Chi non avrebbe voluto essere Jim Morrison? Bello, famoso, ricco e intelligente, una divinità contemporanea; che stando a quanto se ne è saputo forse morì solo come un cane nel bagno di un locale malfamato a Parigi. Morì per overdose, sembra, e fu trasportato di peso, forse già cadavere, nella vasca da bagno dell’appartamento che aveva preso in affitto in rue de Beautreillis 17 con Pamela Courson la sua ragazza, nei pressi di una delle abitazioni che furono di Baudelaire, e quindi infine fu velocemente inumato. Questa versione della sua fine ci mise molto tempo ad emergere pubblicamente (anni ’90) perchè subito si sparsero voci e dubbi sulle reali circostanze della sua morte. In ogni caso la causa ufficiale fu arresto cardiaco a casa, nella notte verso l’alba come raccontava Pamela, magari era la verità ma allora e in seguito nessuno le credette. Negli anni a venire sulla sua morte fu costruita una leggenda memorabile: fuggito in Marocco, fintosi defunto per rifarsi una vita anonima, avvistato in giro per il mondo, fatto fuori dai servizi e altre fantasie. Pare che lo stesso Manzarek, amico dei tempi dell’UCLA e co fondatore dei Doors ne fosse convinto, almeno fino a tutti gli anni ’70.

Rock star famosissima nel 1968 negli USA, periodo d’oro del rock, ne fuggiva le lusinghe, incarnava una sensualità erotica insolente, cantava versi apocalittici accompagnato da musicisti che mixavano jazz, soul e flamenco in un hard rock psichedelico grazie al suono tipico della tastiera Vox Continental e del Fender Rhodes piano bass di Ray Manzarek tastierista (organist diceva di sè) e co fondatore dei Doors di Venice California con John Densmore e Robbie Krieger. The Doors furono “un’anomalia nel pantheon del rock perché univano spiritualità, poesia, psichedelia e un coacervo di stili musicali differenti per via delle caratteristiche del tutto particolari ed estrose dei suoi componenti”

La carriera rock di Jim Morrison durò a ben vedere pochissimi anni, dal 1966 al 1971 per la precisione, e lui si dedicò con meticolosa, ingenua inconsapevolezza dionisiaca ad autodistruggersi tra concerti, deserti californiani, trip, alcool, donne e altro, in seguito anche all’incriminazione per atti osceni dopo un concerto a Miami nel ’69 (annullando una tourneè che avrebbe dovuto portarlo anche in Italia) dove alquanto alterato inveì contro il pubblico ed il mondo intero. In questi 5 anni cantò e suonò in 9 album, girò gli USA e un poco l’Europa e in Messico in brevi tournée, divenne famigerato nell’ambiente come ubriacone casinista molesto e, prima di andare a morire a Parigi e di essere sepolto al Père-Lachaise, riuscì ad esibirsi in alcuni dei suoi concerti migliori nel corso dell’ultimo tour nel 1970, in seguito pubblicati postumi a partire da registrazioni inedite tra le quali spiccano Live in Detroit 2000, Bright Midnight: Live in America 2001, Live in Philadelphia, 2005 e Live in New York 2009; (Bright Midnight Archives/ Rhino).

Una vita breve per una cometa del rock, un astro fulmineo ed esplosivo. Icona a venire dei belli e dannati mortigiovani del rock, cari agli dei. Fino circa al 1978 di Jim Morrison si perse quasi memoria e poi nel giro di una decina d’anni l’edificazione commerciale del mito iconografico; a partire dalla pubblicazione del postumo An America Prayer, forse ancora sincero, in cui i membri sopravissuti suonarono su brani vocali cantati e registrati da Morrison tra il 1969 e il 1970. In seguito ci furono le sequenze di Apocalypse Now di F. F. Coppola sulle note di The end nel 1979, l’uscita della (pessima) biografia No one here gets out alive “Nessuno uscirà vivo di qui” di Hopkins e Sugerman nel 1980, la pubblicazione di materiale live inedito in Alive she cried, un Greatest hits che vendette 2 milioni di copie ed infine il film di Oliver Stone del 1990, tappe che sancirono l’ingresso di Morrison nell’immortale saga rock ‘n’ roll. Un immaginario costruito con pezzi che contribuirono alla costruzione del mito che si centrava tutto sullo sballo, sul ribellismo e sulla stravaganza, meno sul simbolismo tragico e surrealista della sua poetica disincantata.

Tutto bello e avvincente per orde di fan adolescenti che difatti strafatti vollero emularlo in nubi di alcoolici furori e vaneggi poetici. Jim era l’emblema perfetto dell’amancipazione, tanto che successivamente alla caduta del muro nel 1991 Parigi fu invasa da migliaia di fan oltrecortina (di ferro): polacchi, ungheresi, cechi, slovacchi, lettoni, russi, moldavi, ucraini e rumeni che si accamparono al Père-Lachaise e fecero così tanto casino che fu necessario l’intervento delle forze antisommossa per sgomberarli. Da allora la tomba di Morrison è meta di un pellegrinaggio continuo e inesorabile. Negli anni a venire il marchio The Doors divenne una miniera d’oro per i membri restanti e gli eredi che riuscirono a spremere ogni singola parola incisa, ogni (anche inutile) canzone registrata, qualsiasi immagine e frame ritrovati, fino a vendere i bootlegs e le tazze sul sito del gruppo.

Il gruppo di Venice in una manciata d’anni di musica ha portato il suo onesto e piccolo contributo a quella forma d’arte di massa contemporanea chiamata rock. Oggi se si guardano video e foto di quegli anni si resta colpiti dalla semplicità dei mezzi, dagli spazi inadeguati, dal caos e dall’improvvisazione e tutto ciò stride con la scientifica macchina tecnologica degli eventi live contemporanei. Certo le represse adolescenti d’america ammiravano estasiate il bel tenebroso in pelle nera, lui però cantava il desolante nichilismo contemporaneo: “lions in the street and roaming, Dogs in heat, rabid, foaming. A beast caged in the heart of a city (…) Dead cats dead rats” – Leoni vagano per la strada, cani in calore, rabbiosi, schiumanti, una bestia rinchiusa nel cuore della città (…) Gatti morti, topi morti”.

In realtà Morrison in vita tentò di ribellarsi all’etichetta di sex symbol per adolescenti americane anni ’60 che la giostra rock gli aveva cucito addosso, (e che lui stesso alimentò) a partire dal 1969 pubblicò due raccolte di poesie visionarie e psichedeliche che vennero semplicemente ignorate: la prima fu An American Prayer, Los Angeles, Western Lithographers stampato privatamente con tiratura limitata di 500 copie nel 1969 la seconda fu The Lords & The New Creatures, New York, Simon & Schuster, 1970. Morrison sognava una nuova vita da scrittore o regista, visto che il cinema fu uno dei suoi interessi avendo studiato cinematografia presso l’UCLA, l’Università della California di Los Angeles, non ci riuscì (sebbene al suo attivo in vita riuscì ad avere anche un paio di film: Feast of friends e Hwy), ma sarà ricordato in eterno come Jim Morrison dei Doors “poeta sfrenato, ribelle, stronzo e tragica leggenda americana” come scrive Stephen Davis nella biografia del 2004.

Prima della sua morte, avvenuta a Parigi il 3 luglio del 1971, Morrison scrisse a mano una lista, intitolata Plan for book, appunti su una raccolta di poesie, testi e altri lavori. Ne diede testimonianza anche il poeta McCLure che vide un baule contenete questo e altri scritti inediti.

“La scena era il luogo dove Jim Morrison aveva imparato a vivere e a realizzare davanti agli altri la propria vocazione” Ribelle, sciamano, clown, e poeta visionario come Rimbaud a cui Wallace Fowlie, un professore emerito alla Duke University lo accosta in un saggio del 1994 “Rimbaud e Jim Morrison. Il poeta come ribelle” ancora ammantato dal mito Jim Morrison. I suoi ultimi scritti sono disponili in Tempesta elettrica 2002, Mondadori.

C’è anche, e pesa molto più che il liquidarla come ipotesi complottista potrebbe far supporre, la questione politica. Jim Morrison fu nel 1968 in piena contestazione anti Vietnam negli USA la rockstar più famosa e acclamata dai teenager americani. Si trovò a rappresentare inconsapevolmente lo spirito di un’epoca di grandi tensioni sociali in America. I Doors pubblicarono il loro primo singolo dall’album Waiting for the sun a marzo di quell’anno, la canzone era Unknow soldier (il milite ignoto) un esplicito invito antimilitarista, con il verso finale ripetuto a sfumare war is over ( un anno prima di Lennon e Yoko Ono). Presidente era Lyndon Johnson, iniziatore della guerra, a cui seguì Nixon che inaugurò una dura campagna conservatrice appena eletto nel 1969. L’anno di Miami e del processo a Morrison, che, è bene ricordarlo era figlio di un ammiraglio della Marina Usa. Esiste un dossier FBI su Jim Morrison. Forse Morrison fu trattato come simbolo di una cultura alternativa e contestataria e in questo modo diventando politicamente un bersaglio da abbattere? Esiste anche questa teoria.

Del Morrsion poeta poco è stato scritto fuori dall’icona rock.

“Morrison’s poetic style is characterized by contrived ambiguity of meaning which serves to express subconscious thought and feeling–a tendency now generally associated with the postmodern or avant garde. His poetic strength is that he creates poetry quite profound in its effect upon the reader, by using vividly evocative words and images in his poems.(…) Morrison’s poetry is very surreal at times, as well as highly symbolic–there is a pervading sense of the irrational, chaotic, and the violent; an effect produced by startling juxtapositions of images and words.”(William Cook • July 12th, 2003 – Literary kikcs – http://www.litkicks.com/JamesDouglasMorrison#.U_i40rx_vc4)

“Lo stile poetico di Morrison è caratterizzato da un’artificiosa ambiguità di significato che serve a esprimere il pensiero e il sentimento dell’inconscio. Una tendenza ormai generalmente associata al post-moderno o d’avanguardia. La sua forza poetica fu creare una poesia che agisce molto profondamente sul lettore, usando parole e immagini vividamente evocative (…) La poesia di Morrison è molto surreale, a volte, così come e’ altamente simbolica – c’è un pervadente senso di irrazionalità, caos e violenza; un effetto prodotto da sorprendenti accostamenti di immagini e parole”

Nelle sue canzoni e nelle sue poesie cantava un’America spettrale, una landa deserta popolata di mostri, come i dipinti di Bosch, di assassini autostoppisti e pazzi, una visione tragica e allucinata del reale pervade tutta la sua opera; la sua poesia fu surreale e visionaria, i suoi miti furono Blake, Rimbaud, Nietzsche (per il diploma si fece regalare l’opera omnia del filosofo) il teatro di Artaud e il Living Theatre, il blues americano, le donne e l’alcool; prediligeva immagini del deserto, popolate da rettili, visioni psichedeliche e dionisiache. Una poetica oscura, tragica, un lampeggiare di immagini spettrali e surreali, un deserto metropolitano animato da esseri inconsapevoli e miseri, un futuro incerto.

We all live in the city.

The city forms–often physically, but inevitably psychically–a circle. A Game. A ring of death with sex at its center. Drive toward outskirts of city suburbs. At the edge discover zones of sophisticated vice and boredom, child prostitution. But in the grimy ring immediately surrounding the daylight business district exists the only real crowd life of our mound, the only street life, night life. Diseased specimens in dollar hotels, low boarding houses, bars, pawn shops, burlesques and brothels, in dying arcades which never die, in streets and streets of all-night cinemas.

Noi tutti viviamo in città

La città forma – spesso fisicamente, ma inevitabilmente psichicamente – un cerchio . Un gioco. Un anello di morte con il sesso al suo centro. Indirizzato verso i bassifondi della periferia della città . Ai margini si scoprono zone di vizi sofisticati e la noia , la prostituzione infantile. Ma nella sordida cerchia che cinge dappresso i distretti degli affari alla luce del sole esiste l’unica vera vita collettiva della nostra specie, l’unica via di strada, vita notturna. Gli esemplari malati negli hotel d pochi soldi, case a buon prezzo, bar, banchi dei pegni, varietà e bordelli, in portici morenti che non muoiono mai, in strade e strade di cinema notturni.

Le canzoni però restano, alcune grandi, a volte piene di energia e di calore, altre invece ipnotiche oscuramente evocative. Break on through, Soul Kitchen, The end, Light my fire, When the music’s over, Moonlight drive, The soft parade, Ship of fools, Queen of the highway, Roadhouse blues, LA woman, Riders on the storm, The changeling.

“I’d like to do a song or a piece of music that’s just a pure expression of joy. Pure like a celebration of existence, you know? And like the coming of spring, like a sun rising. Just pure unbounded joy. I don’t think we’ve really done that yet.”

“Mi piacerebbe fare una canzone o un pezzo di musica che è solo una pura espressione di gioia. Pura come una celebrazione dell’esistenza, hai presente ? E come l’arrivo della primavera, come un sole che sorge. Solo pura gioia sconfinata. Non credo che l’abbiamo ancora fatto veramente”

Nuotiamo verso la luna, scaliamo la marea, penetriamo la sera che la città addormentata nasconde – “Let’s swim to the moon, let’s climb to the tide, penetrate the evening that the city sleeps to hide” ( Moonlight drive). Ora arriva la notte con le sue legioni purpuree. Ritiratevi nelle vostre tende e nei vostri sogni. Domani entriamo nella città dove nacqui. Voglio essere pronto. Now Night arrives with her purple legion. Retire now to your tents & to your dreams. Tomorrow we enter the town of my birth. I want to be ready”. (The palace of exile – the celebration of the Lizard ).

“Il funerale durò circa otto minuti. Poi tutti se ne andarono. Nessuno rimase ad assistere all’inumazione. Due anziane vedove francesi, venute a far visita ai mariti defunti, sepolti nello stesso settore, furono testimoni del funerale di Jim Morrison. La loro impressione fu che il tutto si fosse svolto con una fretta indecorosa. Un funerale senza prete era una vergogna, pensavano. Quando gli spalatori finirono di riempirlo, si avvicinarono al tumulo. Tutto ciò che videro fu un piccolo riquadro di terra appena rivoltata. Niente lapide, e non ci sarebbe stata per anni. Una delle due donne prese una rosa di plastica sbiadita da una tomba vicina e la depose su quella di Jim Morrsion. (…) Nel 1995 gli eredi ripulirono il Père-Lachaise e stanziarono un fondo per un sistema di sorveglianza permanente. Sulla lapide di Jim fu affissa una grossa targa di bronzo con l’iscrizione greca ΚΑΤΑ ΤΟΝ ΔΑΙΜΟΝΑ ΕΑΥΤΟΥ – fedele al suo spirito ”

A giugno 2021 il Morrison Estate, cioè la famiglia che gestisce il lasciato di Morrison e gli eredi di Pamela Courson compagna e prima erede (deceduta 3 anni dopo) pubblicano per HarperCollins The Collected Works of Jim Morrison quasi 600 pagine, contenente tutti gli scritti, le poesie, gli articoli e i testi (alcuni mai registrati e inediti) di James Douglas Morrison.

Lo scritto inedito As I look back che chiude il volume, contiene alcuni versi illuminanti e autobiografici, che danno un’idea, a saperli leggere, molto lontana dal Jim Morrison mito dell’industria e dell’immaginario rock. In questo lungo scritto tratto da non precisati taccuini Morrison scrive in retrospettiva di diversi aspetti del sua vita, della musica dei Doors, il sound lugubrious snaky, “tetro e sinuoso dal peso come ghiaccio su vetro”, il desiderio di una famiglia, del business, la lontananza dalla revolutionary hysteria, l’isteria rivoluzionaria, l’ubriachezza come un buon nascondiglio, del rammarico per il tempo perduto, la paura del processo per Miami, e la perdita del piacere di esibirsi, piuttosto joy of filming is pleasure of writing, not an actor writerfilmmaker, regista o scrittore.

E il verso finale: Good-bye America I Loved you – Addio America ti ho amato.

(Tutti gli scritti di Jim Morrison. Poesie, diari, appunti e liriche – Rizzoli 2022

Stephen Davis, Jim Morrison. Vita, morte, leggenda – Mondadori 2005)

img:doorscollector

Standard

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.