baudelaire, Poesia

«Ubriacatevi sempre! Di vino, di poesia o di virtù, come vi pare». Charles Baudelaire

Il 2 settembre 1867, sotto un cielo tempestoso e triste, uno sparuto corteo segue la salma del poeta e scrittore Charles Pierre Baudelaire al cimitero di Montparnasse, tra essi ci sono Manet, che dipingerà il funerale in un piccolo quadro che tenne con sé tutta la vita, e Paul Verlaine.

Rientrato in Francia l’anno precedente, grazie all’intervento della madre Caroline, da Bruxelles – dove scrisse epiteti tremendi contro il Belgio e i suoi abitanti: beoti, le donne grasse e prive di grazia, paese di mediocri emulatori dei francesi, dediti alla gozzoviglia, privi di gusto e sporchi –  dopo un ictus con semiparesi e afasia, muore l’ultimo giorno  d’agosto. Successivamente alla pubblicazione su diverse riviste di quei Piccoli poemi in prosa, tra il 1861 e il 1862 (La Presse, Le Figaro, La Revue de Paris) che diventeranno Lo spleen de Paris, ed ebbero, pare, un successo più che mediocre, decise di andarsene a Bruxelles per alcune conferenze per le quali era stato scritturato. E così va incontro ad una amara delusione: il Belgio è peggio della peggio provincia francese, conferenze con scarsa partecipazione, primi segnali della malattia, sconforto e solitudine. Dai confini con il Belgio arriverà dopo pochi anni quel ragazzino sfrontato ma poeta eccelso che sarà Arthur Rimbaud che considerava l’autore dei Fiori un dio. “Il primo veggente, il re dei poeti, un vero Dio”

Fu così che quel giorno di settembre Baudelaire venne sepolto nella tomba di famiglia, con l’odiato patrigno, (che sulle barricate parigine del ’48 invitava ad uccidere) che con la madre aveva architettato quella punizione a vita che fu la tutela legale che il poeta subì a causa dei suoi sperperi giovanili e della sua eccentrica vita parigina dei vent’anni, che con le serate all’Hotel Lauzun, la convivenza con Jeanne la ragazza creola, gli acquisti dagli antiquari e gli abiti ricercati, formerà la sua personale teoria estetica del dandy. Scrisse:  «Essere un uomo utile mi è sempre sembrato qualcosa di molto repellente». Fu almeno coerente.

Dieci anni prima della sua scomparsa era stato pubblicato I fiori del male, unica opera poetica edita in vita. Dopo soli 12 giorni dall’uscita il libro viene accusato di oltraggio alla morale pubblica e offesa alla morale religiosa. Denunciato, censurato, processato pubblicamente: un esordio fulminante, nel segno dello scandalo e al tempo stesso un marchio indelebile. All’apparire della poesia moderna l’apparato scatta. Letteratura. il 20 agosto 1857, furono censurate sei liriche delle tredici incriminate. Baudelaire fu condannato a pagare una multa per aver oltraggiato la morale pubblica, la religione e i buoni costumi: secondo il procuratore imperiale della Senna Ernest Pinard, l’opera in questione portava «all’eccitazione dei sensi». Baudelaire e il suo editore, Auguste Poulet-Malassis, sono condannati per oltraggio al pubblico decoro: 300 franchi la multa comminata all’autore, 100 a chi gli ha dato fiducia di stampa. Baudelaire giustamente si lamentava con un amico, scrisse, dopo l’incriminazione: “Da ternt’anni la letteratura è d’una libertà che si vuole d’un tratto punire in me. E’ ciò giusto?” Soprattutto, gli occhi dei censori sono attratti da sei poesie tra le quali: Saffo, Le donne dannate, I gioielli. Nel 1861 Baudelaire ne realizzò una seconda edizione, eliminando le poesie “condannate” e aggiungendone delle nuove. La condanna dura fino al 1949, settant’anni fa, quando la Corte di Cassazione francese ammette che quelle poesie censurate potevano essere reintegrate nel libro… A metà del secolo del Positivismo, della Rivoluzione industriale, delle Nazioni, del progresso illimitato, un soprassalto di rigore morale d’imperio verga la poesia…La poesia.

La poesia di Baudelaire, censura o no,  inaugurerà la modernità. Nel 2019 vanno all’asta dei versi aggiunti a mano alla poesia I gioielli, che era tra quelle censurate, della cui esistenza già si era a conoscenza, In essa il poeta immortalava la nudità: “Nuda, la mia diletta: conoscendo il mio cuore/ non aveva tenuto che i gioielli (…)Era dunque distesa e si lasciava amare, e dall’alto del divano sorrideva di piacere al mio amore profondo e dolce come il mare che verso lei saliva come alla sua scogliera.” Prezzo di partenza stimato tra i 60 e gli 80mila euro. Baudelaire regalò una copia dei Fiori del male  a Gaston de Saint-Valry critico letterario. La copia personale di Gaston porta la dedica del poeta – à Gaston de Saint-Valry, témoignage d’amitié –, ma soprattutto alcuni versi, vergati a matita, finora sconosciuti. La quartina che chiude I gioielli è questa: E allora fui pieno di questa Verità: Che il miglior tesoro che Dio concede al Genio È conoscere a fondo la Bellezza terrestre Per far sgorgare il Ritmo e l’armonia.

Una lettera del 1845 in cui Baudelaire dava l’addio all’amante creola Jeanne Duval è stata venduta all’asta in Francia per 234.000 euro. Ironie postume della storia per un poeta che fu sempre assillato dai debiti.

Che cosa c’era di immorale e oltraggioso nei Fiori di Baudelaire? Dopo la dedica a Theophile Gautier, amico poeta, scrittore, letterato, il testo si apre con Al lettore, e questi versi: «La stoltezza, l’errore, il peccato, l’avarizia, occupano gli spiriti tormentando i corpi – e noi alimentiamo gli amabili rimorsi – come i mendicanti nutrono i loro insetti.». Ma per Baudelaire Dio conserva al poeta, –  che apparve  in questo mondo di noia, che gioca col vento, parla con le nuvole e intreccia la sua mistica coronaun posto tra le schiere beate delle legioni sante, invitato alla festa eterna di Troni, Virtù, Dominazioni, il dolore sua sola nobiltà. Così iniziano I Fiori del male. Lo spleen e l’ideale già sfoderati.

Prosegue con la poetica dell’Elevazione, e delle Corrispondenze: al di là degli stagni, delle valli dei monti – lo spirito fugge i morbosi miasmi, si purifica nell’aria più alta. La natura come un tempio in cui pilastri come colonne vive emettono confuse parole, tra foreste di simboli.

Nessuna lode, nessun tono aulico, nessun ideale da spacciare, ma un panorama di stoltezza, errore, peccato, avarizia, in cui la poesia e la bellezza sono destinate a sofferenza e disgusto. Un deciso cambio di registro per una nuova estetica al passo dei tempi. La modernità, la metropoli, l’arte, il vizio, la lussuria, la miseria, le donne, il vino, la bellezza, la morte. Tutto insieme. Baudelaire scrisse la cronaca poetica del tardo romanticismo da Parigi. Lo scenario: lontano dall’occhio di Dio tra pianure di Noia , profonde e deserte, l’apparato sanguinante delle Distruzione! Nei Razzi scriverà “Ho coltivato il mio isterismo con gioia e terrore”. Il progetto poetico di Baudelaire è chiaro: estrarre la bellezza dal male, trasfigurare l’esperienza dolorosa dell’animo umano nella morsa nella malasorte dell’esistenza.

Maria Zambrano, in Filosofia e poesia scrisse: “Baudelaire sublime e umile, superbo che cede all’umiltà, si autodefinisce peccatore. Ma il peccatore che spera, a causa della poesia, che il Creatore gli abbia riservato un posto nel proprio giardino. Un peccatore che spera di salvarsi come poeta: come figlio.”

Raboni traduttore italiano scrisse: “I movimenti segreti della sensibilità e della coscienza, la malattia, la morte, la noia e la solitudine, l’osservazione della vita in ogni sua forma, dalla più pura alla più perversa, sono al centro della grandiosa e attualissima arte poetica di Baudelaire.”

“Ah! Signore! datemi la forza ed il coraggio di contemplare il mio cuore e il corpo mio senza repugnanza!” (Viaggio a Citera- Les Fleurs du mal 1888)

L’Ame du Vin

Un soir, l’âme du vin chantait dans les bouteilles:

«Homme, vers toi je pousse, ô cher déshérité,

Sous ma prison de verre et mes cires vermeilles,

Un chant plein de lumière et de fraternité!

Je sais combien il faut, sur la colline en flamme,

De peine, de sueur et de soleil cuisant

Pour engendrer ma vie et pour me donner l’âme;

Mais je ne serai point ingrat ni malfaisant,

Car j’éprouve une joie immense quand je tombe

Dans le gosier d’un homme usé par ses travaux,

Et sa chaude poitrine est une douce tombe

Où je me plais bien mieux que dans mes froids caveaux.

Entends-tu retentir les refrains des dimanches

Et l’espoir qui gazouille en mon sein palpitant?

Les coudes sur la table et retroussant tes manches,

Tu me glorifieras et tu seras content;

J’allumerai les yeux de ta femme ravie;

À ton fils je rendrai sa force et ses couleurs

Et serai pour ce frêle athlète de la vie

L’huile qui raffermit les muscles des lutteurs.

En toi je tomberai, végétale ambroisie,

Grain précieux jeté par l’éternel Semeur,

Pour que de notre amour naisse la poésie

Qui jaillira vers Dieu comme une rare fleur!»

L’anima del vino

Dentro le bottiglie cantava una sera l’anima del vino:

“Uomo, caro diseredato, eccoti un canto pieno

di luce e di fraternità da questa prigione

di vetro e da sotto le vermiglie ceralacche!

So quanta pena, quanto sudore e quanto sole

cocente servono, sulla collina ardente,

per mettermi al mondo e donarmi l’anima;

ma non sarò ingrato né malefico,

perché sento una gioia immensa quando scendo

giù per la gola d’un uomo affranto di fatica,

e il suo caldo petto è una dolce tomba

dove sto meglio che nelle mie fredde cantine.

Senti come echeggiano i ritornelli delle domeniche?

Senti come bisbiglia la speranza nel mio seno palpitante?

Vedrai come mi esalterai e sarai contento

coi gomiti sul tavolo e le maniche rimboccate!

Come accenderò lo sguardo della tua donna rapita!

Come ridarò a tuo figlio la sua forza e i suoi colori!

Come sarò per quell’esile atleta della vita

l’olio che tempra i muscoli dei lottatori!

Cadrò in te, ambrosia vegetale,

prezioso grano sparso dal Seminatore eterno,

perché dal nostro amore nasca la poesia

che come un raro fiore s’alzerà verso Dio!”

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