Poesia

La grazia per un poeta, 1955 Papini per Ezra Pound al Saint Elizabeth.

Liberare Pound, la petizione italiana del 1955.

Ezra Pound fu rinchiuso in un manicomio criminale di Washington. L’accusa era stata formulata già nel 1943. Fu fermato nel maggio del 1945 e trasferito in novembre al Saint Elizabeth. Anzi, prima rinchiuso in una gabbia all’aperto poi portato in manicomio, dai suoi connazionali. Oggi può sembrare assurdo, o forse nemmeno molto in realtà, i poeti hanno sempre suscitato queste reazioni scomposte (da Baudelaire in tribunale con i Fleurs, passando per Mandelstam e fino a Danilo Dolci negli anni ’50 e Pasolini nei ’70).

In particolare Pound, dopo essersi trasferito a Rapallo nel 1925 circa, iniziò negli anni ’30 del Novecento a interessarsi di economia e politica. Fu arrestato nel ’45 per la sua presunta adesione al fascismo e per la dichiarata ammirazione espressa pubblicamente per Mussolini, (trasmissioni radio e articoli per lo più) questione su cui si potrebbe discutere all’infinito. Ma Pound era già Pound anche prima del duce italiano. In ogni caso 13 anni della sua vita li trascorse rinchiuso in un ospedale psichiatrico.

La gabbia all’aperto dove Pound fu tenuto si trovava al DTC Disciplinary Training Center di Pisa sulla strada per Viareggio, vi trascorse l’estate del ’45. La gabbia aveva una base in cemento ed era rivestita di filo spinato. Lì compose i Pisan Cantos, I Canti Pisani. Si trovava nella Death Row, la parte destinata ai condannati a morte. “Non ho parlato di questa guerra ma ho protestato contro un sistema che crea una guerra dopo l’altra in serie e sistematicamente, nè ho parlato alle truppe incitandole alla rivolta o all’ammutinamnento.” Lo scrisse in una memoria difensiva.

As a lone ant from a broken ant-hill
from the wreckage of Europe, ego scriptor.

Scrisse Montale: “I Canti pisani sono una sinfonia non di parole, ma di frasi in libertà. Non siamo tuttavia nel caos perché queste frasi sono legate da un “montaggio” che supera di gran lunga, per apparente incoerenza, quello di qualche parte dell’Ulysses e dell’eliotiana Waste Land. Si tratta però di un montaggio di cui sfugge totalmente il connettivo, il nesso conduttore. Immaginate che si possa radiografare il pensiero di un condannato a morte dieci minuti prima dell’esecuzione capitale, e supponete che il condannato sia un uomo della statura del Pound e avrete i Canti pisani: un poema ch’è una fulminea ricapitolazione della storia del mondo (di un mondo), senz’alcun legame o rapporto di tempo e di spazio.”

Tra le due guerre tra Londra e Parigi aveva animato un circolo di intellettuali, scrittori e poeti con il suo contributo al linguaggio, alla critica letteraria, fondando riviste, stringendo legami con Hemingway, Eliot, Joyce. Il modernismo, l’imagismo, il vorticismo, gli ideogrammi fino ad approdare alle idee politiche ed economiche che, fuse con l’idea di rifondare la poesia con un linguaggio radicalmente nuovo, ne consacrarono la grandezza artistica e visionaria. La fonte dei suoi guai politici fu tentare di puntare sul fascismo come terza via in grado di eliminare l’usura, che lui sempre intese come profitto diabolico sulla lavoro dell’uomo, purtroppo tutto il sistema mondiale si stava posizionando su idee completamente opposte, e gliela fecero pagare cara. Resta enorme, titanico il lavoro poetico – aperto, in itinere – lungo tutta la sua vita adulta dei Cantos, pubblicati man mano che la composizione si sviluppava tra il 1925 e il 1962. Si possono considerare una summa della storia del mondo occidentale in cui convergono arte, religione, economia, poesia e politica, con citazioni in varie lingue e richiami spesso non facili da cogliere con la storia culturale italiana. Lo stesso Pound ne diede diverse immagini, rifacendosi alla Divina Commedia, all’Odissea o paragonandoli agli affreschi di Palazzo Schifanoia a Ferrara.

Nel 1955 alcuni meritori intellettuali italiani si prodigarono per impostare un appello per la sua liberazione. Ne fu promotore Vanni Scheiwiller figlio del noto padre fondatore della casa editrice All’insegna del pesce d’oro, assieme ad alcuni scrittori e intellettuali italiani ( G.B. Angioletti, Riccardo Bacchelli, Luigi Bartolini, Attilio Bertolucci, Carlo Betocchi, Piero Bigongiari, Giorgio Caproni, Raffaele Carrieri, Emilio Cecchi, Libero de Libero, Alfonso Gatto, Virgilio Giotti, Piero Jahier, Mario Luzi, Eugenio Montale, Alberto Moravia, Marino Moretti, Aldo Palazzeschi, Giovanni Papini, Alessandro Parronchi, Enrico Pea, Sandro Penna, Vasco Pratolini, Mario Praz, Don Clemente Maria Rebora, Umberto Saba, Camillo Sbarbaro, Ignazio Silone, Leonardo Sinisgalli, Sergio Solmi, Giani Stuparich, Leone Traverso, Giuseppe Ungaretti, Diego Valeri, Cesare Zavattini).

L’Appello doveva uscire in occasione del settantesimo compleanno di Pound (30 ottobre 1955), ma svariate circostanze ne impedirono l’uscita. Nei mesi seguenti Vanni Scheiwiller si rimise all’opera sulla petizione, augurandosi di poterla consegnare all’Ambasciata americana, come scrive ad Ungaretti, entro i primi giorni di aprile del 1956. In realtà la consegna dell’Appello, tradotto in inglese da Allen Mandelbaum, avverrà solo nel mese di agosto.

Il poeta tornò in libertà nel 1958 ripartendo poco dopo per l’Italia, vivendo tra Castel Fontana a Merano e Venezia dove si spense e fu sepolto a San Michele in isola nel 1972.

L’insuccesso della mancata pubblicazione dell’appello nel 1955 venne mitigato dalla pubblicazione sul «Corriere della sera» di un articolo di Giovanni Papini – intellettuale anch’esso molto discusso e tormentato, perchè pragmatista, interventista, futurista, cattolico, ma grande scrittore – dall’eloquente titolo Domandiamo la grazia per un poeta. Che qui riproduco.

in “Schegge”:

Domandiamo la grazia per un poeta

Pubblicato in: Il nuovo Corriere della Sera, anno LXXX, fasc. 258, p. 3

Data: 30 ottobre 1955

“Proprio oggi, 30 ottobre, Ezra Pound — poeta americano di prima grandezza — finisce settanta anni. Non trascorre, però, questa giornata in una sua casa mezzo ai boschi o sulle rive del mare, festeggiato dagli amici e dagli ammiratori, bensì in un manicomio criminale dove è rinchiuso da dieci anni benchè non è un pazzo nel senso ordinario della parola, nè tanto meno un delinquente.”Proprio oggi, 30 ottobre, Ezra Pound — poeta americano di prima grandezza — finisce settanta anni. Non trascorre, però, questa giornata in una sua casa mezzo ai boschi o sulle rive del mare, festeggiato dagli amici e dagli ammiratori, bensì in un manicomio criminale dove è rinchiuso da dieci anni benchè non è un pazzo nel senso ordinario della parola, nè tanto meno un delinquente.

   Non intendo attenuare ne assolvere le colpe di Ezra Pound verso il suo paese ma penso e proclamo che queste colpe, in qualunque maniera si vogliano misurare e pesare, hanno avuto, il martirio crudele di dieci anni, la loro piena espiazione. Con questi dieci anni di prigionia umiliante, di promiscuità ripugnanti, di schiavitù mortificanti, l’autore dei Cantos, ha pagato, ha scontato, ha riscattato ogni suo errore.

   Un artista, un uomo di cultura e di pensiero, un poeta sono creature oltremodo ipersenbili, che soffrono a mille doppi al paragone degli esseri comuni: i dieci anni di Ezra Pound corrispondono a una specie di eternità.

   Nel momento stesso che i capi del Cremlino rimandano graziati i criminali di guerra non possiamo credere che i discendenti di Penn e di Lincoln, di Emerson e di Walt Whitman vogliano essere meno generosi e clementi dei successori di Lenin e di Stalin.

   A nome dei poeti e di tutti gli uomini di cuore d’Italia io mi rivolgo alla «donna gentile» che rappresenta a Roma la grande unione americana. La signora Clara Luce è, per grazia di Dio, una cristiana, un’artista e a scrittrice e perciò saprà trovare le parole più appropriate e calzanti per far comprendere a Washington il nostro sentimento la nostra preghiera.

   Prima che abbia principio il nuovo anno avrà fine la tetra e tormentosa reclusione del vecchio e infelice Ezra Pound: questa vorrebbe essere la nostra certezza più che la nostra speranza. Un secolo fa, nel 1855, moriva solo e triste, in un ospedale a Copenaghen, il più grande scrittore danese, Kierkegaard; moriva in esilio a Costantinopoli il più grande poeta polacco, Mickiewicz; moriva a Parigi, suicida, appeso a un lampione, uno dei più grandi romantici francesi, Gérard de Nerval. Fate sì che non si debba leggere nel futuro che uno dei più grandi poeti americani del secolo ventesimo fu condannato a spengersi miserabilmente in compagnia degli alienati e degli assassini.”

Img: DU

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